mercoledì 20 aprile 2011

Habemus Papam.

"Volevo raccontare, con i toni della commedia, la storia di un personaggio fragile che si sente inadeguato rispetto al ruolo che deve ricoprire."
Nanni Moretti.
Dico la verità: a me Nanni Moretti iniziava a mancare.
Tre anni son pur sempre tre anni. E quando ho visto e sentito del suo ultimissimo film non potevo che andare a vederlo, direttamente al cinema, che si sa, ha sempre il suo fascino nonostante le poltroncine dalle quali cado quasi sempre e nonostante la possibile sfiga che davanti ti si sieda un watusso.
Habemus Papam, un film che già dal trailer mi aveva conquistata. La trama, in buona, buonissima sostanza, è questa: morte di Giovanni Paolo II. Il conclave si trova a eleggere un nuovo Pontefice, lo scelgono. Il nuovo Papa non si sente all'altezza di essere la nuova guida spirituale dei cattolici di tutto il mondo, non è mai successo e nessuno sa come affrontare la delicata situazione, chiamano uno psicanalista, il più bravo, (Nanni stesso) perché aiuti il neoeletto a curare la depressione che l'affligge. "Imprigionano"all'interno del Vaticano Nanni che offre episodi divertenti e sarcastici e mentre organizza anche una partita di pallavolo tra i cardinali il Papa scappa dopo non essersela sentito di affacciarsi al balcone. Gira per Roma alla ricerca di sè, conoscendo una compagnia teatrale in quanto il desiderio vero e nascosto della Santità era quello di fare l'attore, ritorna e... vabeh non dico come va a finire.
In quest'ultimo gran lavoraccio, Moretti ha affrontato in modo tragicomico la rappresentazione del conclave e post-conclave. C'è di fondo un'originalità assoluta e rivoluzionaria: basare l'intero film, che a tratti sa di commedia tipicamente all'italiana, su un Pontefice insicuro, debole, depresso, semplicemente umano. Non c'è riferimento alla fede, non c'è riferimento al Vaticano come sede di potere, come luogo di uomini spesso molto più razionali che non spirituali.
Il protagonista, che è Sua Santità stesso, mi ha fatto pensare che se è vero come dicono al catechismo che il Papa è Papa perché è la persona più buona del mondo, Piccoli è decisamente il volto idoneo. Commovente. Commoventi le sue espressioni di uomo che smette di essere persona (intendo persona come maschera, quindi nel senso latino e junghiano del termine; persona come esteriorità) e diventa anima, anima fragile e disturbata, anima insicura e nuda come la nostra quotidianità, come forse ultimamente anche la Chiesa.
Nanni Moretti interpreta le sue solite nevrosi che tanto mi ricordano Allen e che forse anche per questo mi piacciono tanto, messo in un ruolo non egocentrico come suo solito ma marginale, sapientemente misurato e perfettamente integrato con l'armonia della trama.
Diverse le chicche e le belle battute pungenti, dal deficit di accudimento che portano Piccoli a mangiare un bombolone fritto in una pasticceria romana ai suoi sogni spezzati a causa di una bocciatura per le selezione di un'Accademia teatrale alle sue debolezze, la sua umiltà, la sua consapevolezza di non essere in grado perché certe volte ci impongono di essere qualcuno qualcosa, che è lontano da noi, il suo essere personaggio che in realtà è persona, è persona anche il Papa, l'aspettare il momento giusto, lo aspetti tu e soprattutto lo aspettano gli altri, o meglio se lo aspettano gli altri da te, aspettarlo e capire che non è il momento a essere sbagliato, ma te stesso, tu e basta. E a quel punto aspettare non serve, non serve più. Poi la guardia svizzera che è costretto a fingersi Papa e che ha come compito quello di scuotere di tanto in tanto le tende dei suoi appartamenti, poi la partita di pallavolo dei cardinali organizzata da Nanni, pallavolo assolutamente pallavolo, che "palla prigioniera non esiste più da cinquant'anni" dove le autorità ecclesiastiche del conclave vogliono assolutamente vincere e andare in semifinale, poi le battute morettiane riferite all'"unico libro che mi avete fatto trovare in camera, la Bibbia" che cammina per i corridoi vaticani.
E poi il teatro, che è molto presente, questo sovrapporre del sacro col profano, unire leggerezza e temi normalmente trattati in modo storico. Tutto il film è un teatro, un sipario (leggendo i titoli di coda, gli affreschi e le mura ermetiche vaticane sono state tutte riprodotte da pittori e tecnici coi controcazzi aggiungerei. E sì, io sono di quelle poche persone che si divertono quasi leggendo i titoli di coda alla fine dei film.).
Quindi.
C'è il carico della solita e sferzante ironia morettiana che tanto mi piace, ci sono quei temi un po' difficili e delicati anche se ormai di ampia considerazione anche nei film come la depressione che colpisce proprio tutti, non solo mamme sole con figli adolescenti rompicoglioni o mariti abbandonati che dopo lavoro bevono tequila, ma anche un uomo come il Papa, il tutto protratto con una narrazione semplice e leggera (forse fin troppo). Ecco, solo l'idea nuova di questa visione moderna, originale e diversa del Capo della Chiesa merita almeno qualche foglia di Palma d'oro.
C'è la solita polemica secondo cui questo film viola l'art. 278 del codice penale in combinato disposto con l'art. 8 dei Patti Lateranensi, ossia offesa al decoro del Papa. Ci sono vaticanisti che attaccano Habemus Papam affermando che è indecoroso, boicottando i credenti a non vederlo perché "non mi sembra che regga il paragone che per giudicare debba conoscere: non devo saltare dal terzo piano per capire che potrei farmi molto male."
C'è tutto, chiederete voi?
No.
E' un film originale, un film molto ben fatto, buona la fotografia e anche talune inquadrature. Ma è come se mancasse qualcosa. Qualcosa che lascia un po' come quando finisci di pranzare ma hai ancora un po' di fame. Che non sai cos'è ma sai che c'è.

Mi è piaciuto, ma non so.

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